Italia export

Insistere sull’export, anche per quanto riguarda l’Italia, sembra di scarsa utilità: non solo il suo contributo alla crescita è pari a zero, ma da anni si registra un deflusso netto di risorse finanziarie, con un aumento degli investimenti di portafoglio italiani all’estero e dei disinvestimenti dall’estero che supera per dimensione lo stesso attivo commerciale: la politica dei bassi tassi di interesse induce ad investire su altri mercati. La crescita ne soffre pesantemente.
D’altra parte, non si è neppure conseguita la dinamica inflazionistica tanto attesa dalla Bce, tutta fondata sulla svalutazione dell’euro e sul conseguente aumento dei costi all’importazione. Si assiste invece al paradosso di un’area monetaria, già strutturalmente in attivo sul piano del commercio internazionale, che tenta di risolvere i suoi problemi interni di crescita e di stabilità dei prezzi attraverso una politica monetaria volta ancora a svalutare la propria divisa. Anziché concorrere alla eliminazione degli squilibri internazionali, esportiamo le contraddizioni interne all’area: il tasso di cambio dell’euro che pareggerebbe i conti esteri della Germania è incompatibile con quello che servirebbe al resto dell’Eurozona. Anziché puntare ad una inflazione interna da domanda nei Paesi eccedentari, da anni si ricerca invano quella che verrebbe determinata da un aumento generalizzato dei costi all’importazione, aggravando i problemi dei nostri principali partner commerciali.