L’ECONOMISTA USA SACHS RICONOSCE LA GUERRA DI CLASSE IN USA

Interessante intervento ieri su Il Sole 24 Ore dell’economista americano Jeffrey Sachs  che racconta la profonda crisi economica, sociale (con i “morti per disperazione” per droga e suicidi) ed istituzionale americana. Cita il miliardario Warren Buffett, che nel 2006 dichiarò che c’era la guerra di classe ma la stavano conducendo loro, i ricchi, e la stavano vincendo. Per Saschs la crisi americana è essenzialmente istituzionale, iniziata agli inizi degli anni settanta con la “guerra di classe”. Anno chiave 1971, quando Nixon nomina il giudice Powell alla Corte Suprema: sarà lui a spalancare le porte dei finanziamenti dei miliardari ai partiti e a smantellare il welfare. Continuò Reagan con l’attacco ai lavoratori e allo Stato Sociale. Risultato: la politica americana è fatta da ricchi per i ricchi. Il bilancio federale arriva appena al 31% del pil (contro il 45% europeo) e non copre sanità, istruzione e tutela ambientale. Sachs al momento non vede soluzioni, spera in Biden ma il suo piano è stato bocciato. Un quadro fosco che inizia con la guerra di classe negli anni settanta, simile alla nostra, con la differenza che qualcosa da noi è ancora rimasto. A maggior ragione, vedendo il confronto con gli Usa, dobbiamo sperare che quel minimo di Stato Sociale rimanga. Le premesse non sono buone, la guerra dei ricchi contro i lavoratori sembra trionfante. Sachs vorrebbe in  Usa quel salario sociale globale di classe costruito da Roosevelt negli anni trenta e in voga fino al 1976, mentre è rimasto qualcosa da noi. Cita i morti per disperazione dei  giovani per droga e suicidi e la depressione che colpisce le nuove generazioni. Un quadro nero della “guerra di classe” dei possidenti, a 50 anni di distanza. A maggior ragione un senso per cambiare le sorti della storia.