GUARDO LA CINA DI OGGI E HO NOSTALGIA DELLA PRIMA REPUBBLICA

Michele Geraci su fb scrive dei dubbi di analisti vari, specie del Financial Times, sui numeri del pil cinese (oggi ne parlano vari giornali italiani). Io invece voglio dar conto di altri numeri, pubblicati stanotte da People’s Daily. Eccoli: “Il consumo è stato frenato dai recenti rimbalzi dell’epidemia, ma la tendenza alla ripresa non cambierà e il consumo continuerà a funzionare come “pietra di zavorra” dell’economia,. I consumi finali hanno contribuito per il 69,4% all’espansione del PIL nel primo trimestre, mentre gli investimenti e le esportazioni hanno rappresentato rispettivamente il 26,9% e il 3,7%.”. Dunque, contrariamente alla vulgata corrente, è tutta domanda interna, l’export incide sul finale sul pil per appena il 3.7%. Qualora, come sembra, l’Europa, per la crisi che avrà, richiederà meno merci cinesi e qualora, a quel punto, gli Usa sferreranno una nuova guerra commerciale alla Cina, bloccandone l’esportazione, il danno sarebbe facilmente attutito con politiche fiscali e monetarie espansive, di modo che aumenti sempre più l’incidenza dei consumi, e degli investimenti ,sul pil. Questo processo loro lo hanno preparato sin dalla crisi asiatica del 1998, capirono che erano loro l’obiettivo, e incominciarono, timidamente, a rafforzare la domanda interna. Fu poi allargato con la Legge sul Lavoro del 2008, come racconto nel libro. Ora l’incidenza dell’export sul pil è ridotta al minimo e sempre più lo sarà. Domanda interna vista come arma di sovranità economica e militare. Oggi la Verità, per quanto riguarda noi, scrive di risarcimenti statali per gli esportatori italiani in Russia e per aree turistiche come Rimini. Questo quando ci si appoggia alla domanda estera massacrando quella interna. Vedo i numeri cinesi, forse non tutti veritieri, ma mi ci rivedo nei numeri della nostra Prima Repubblica. Era tutto consumo e investimento, gli italiani non sapevano nemmeno cosa fosse l’export. Non che non ci fosse, ma non era preminente. Gli uomini politici venivano quasi tutti dal Littorio, poi rinnegato, divennero democristiani, socialisti e comunisti. SI scannavano, ci furono morti, ma erano tutti intenti a ricostruire il Paese dalla guerra. Mina cantava Tintarella de Luna, i meridionali andarono a Milano e Torino, gli diedero un alloggio popolare, diversi si fecero la casa, si fecero una famiglia, nascevano tanti figli. D’estate affollavano l’autostrada del sole, andavano tutti al sud, spendevano, si divertivano, loro che avevano un lavoro quasi sempre garantito a vita. C’erano i colossi pubblici, la politica estera aveva spazi di autonomia. Ci furono le riforme sociali, quella santa donna di Tina Anselmi ci diede la sanità gratuita, poi l’istruzione universitaria gratuita, assunse un milione di disoccupati nella PA. Venne il benessere, davamo fastidio. Nel 1992 Guido Carli e Mario Draghi dissero: meno salari e pensioni, più export. Fu la nostra fine. Nel libro racconto della Cina per raccontare come eravamo noi, non abbiamo niente da imparare dagli altri, semmai paesi come la Cina hanno imparato da noi. Vedo i loro numeri, e mi viene l’amaro in bocca .Mi chiedo: quando riprenderemo il nostro destino?

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