Pubblico un intervento di un iscritto alla pagina telegram pianocontromercato. Ho invitato i lettori ad inviare riflessioni da pubblicare sul blog. Questo è il secondo. Invito voi ad inviare pezzi a operatresoldi@yahoo.it. Se sono in linea con il blog verranno sicuramente pubblicati. Buona lettura.
Andrea Brodi
L’istituzione economica-finanziaria che rappresenta Bergoglio, o il potere interno predominante della stessa, in questo momento, ha deciso di non avere più interessi diretti al proseguo del conflitto bellico tra Ucraina (appoggiata da NATO e USA) e Russia , cioè almeno sul campo da guerra. Bergoglio, come un Letta o Salvini qualsiasi, sta cercando di polarizzare l’opinione pubblica su questa posizione di suo interesse o nell’interesse del potere che rappresenta. Niente di più, niente di meno.
Ci sono piccoli segnali che lasciano presagire che c’è una parte di “potere” italico, probabilmente appartenente ad una borghesia di stampo cattolico mediamente conservatrice, che sta cercando di polarizzare l’opinione pubblica. Se ci pensiamo bene le interviste alla portavoce del ministero degli Affari Esteri Maria Zakharova e del Ministro Lavrov poi, spingono verso l’opinione di riconsiderare gli attuali rapporti di forza di chi gestisce gli organi del monopolio dell’informazione. Nonostante i due personaggi non abbiano trovato certo il tappeto rosso da parte del presentatore Brindisi, è un dato che non può passare inosservato la comparsa a distanza di pochi giorni di personaggi di questo calibro, che sono a tutti gli effetti etichettati dalla politica Italiana come antagonisti a cui abbiamo dichiarato guerra (per gli americani sarebbero i maggiordomi di un novello mostro a due teste dalla lingua biforcuta che è impazzito il 23 febbraio 2022), ma che hanno trovato spazio per poter dire la loro, senza interruzioni, in primissima serata in una tv privata nazionale. Le reazioni starnazzanti di PD e Draghi sono la cartina tornasole che dimostra quanto questa operazione sia considerata come inaudita dall’ordine filo-atlantista. Non ci ha pensato due volte Draghi a condannare il ministro Lavrov etichettandolo come dispensatore di fake news al soldo del dittatore Putin, il bue che dice cornuto all’asino. E che dite degli scagnozzi del PD, moralisti fino all’osso, hanno come sempre invocato la solita Agicom, che funziona a seconda di chi tira la giacchetta e quanto forte. Parole nulla di più, d’altronde sono solo inutili maggiordomi di istituzioni finanziarie e sovranazionali, ricevono ordini non hanno potere. È diverso.
Ad avvalorare una sorta di scontro in atto all’interno delle stanze del potere, arrivano oggi le conferme dalla stessa Maria Zakharova che ammette e si chiede retoricamente riguardo l’intervista al ministro Lavrov: “L’iniziativa per condurre l’intervista non è venuta dal ministero degli Esteri russo, ma da giornalisti italiani. Riceviamo centinaia di richieste di interviste a Sergey Lavrov, rappresentanti del ministero e delle ambasciate. I giornalisti italiani sono stati insistenti, hanno detto che era importante mostrare tutti i punti di vista. In cosa hanno torto?” E aggiunge: “Le domande che il presentatore ha posto, le ha formulate lui stesso. Non abbiamo apportato modifiche alle domande o alla versione finale dell’intervista, voglio che i cittadini italiani sappiano la verità. Perché i politici italiani ingannano il loro pubblico”. Su questo non ci sono dubbi e non serve certo la Zakharova per certificarlo, bastano semplici nozioni di logica.
Chiariamolo subito. Una descalation del conflitto è ORO anche e soprattutto per la nostra classe, quella popolare e dei lavoratori; bisogna certamente essere contenti se ciò accade, ma non lasciamoci trasportare dal solito tifo e prendiamo consapevolezza che noi in questo momento, purtroppo, possiamo solo assistere e sperare che il nostro interesse popolare sia condiviso, a scadenza, con l’interesse di qualche altro potere sovra-popolare. Fino a prova contraria a meno di qualche vagito personalista di taluni salvatori di una patria. Questo dato triste e amaro dovrebbe far riflettere per il proseguo di un altro conflitto, quello sociale e di classe, che stiamo continuando a perdere ogni giorno. Pensiamo ad esempio ai diritti sociali, quelli che rimangono, sempre più compressi a colpi di emergenza, così come i salari mai stati così bassi; si pensi al diritto allo studio e al diritto alla salute, con un sistema sanitario nazionale ridotto ad un sanatorio. Si pensi al primo maggio che ci viene descritto dall’orda del potere benpensante come fosse Natale, già perché chi crede ancora al diritto al lavoro appare un inguaribile romantico. Il diritto al lavoro non esiste. I nostri simboli derisi, la tutela dei fragili solo una questione morale, i ricatti sono la norma, così come le discriminazioni di genere. Veniamo giornalmente umiliati con piccole gocce che ci cadono in capo scavando una fossa che ormai è arrivata fino alle viscere. Non c’è e non esiste scelta, solo una imposizione di un modello sociale, economico e culturale, voluto da altri. Il fascismo pasoliniano non è solo realtà, ma la norma. Riusciamo davvero ad essere consapevoli dello stato delle cose?
Il messaggio è rivolto a tutti. Per tornare a decidere le sorti del paese dobbiamo rifuggire dall’idea semplicistica del salvatore della patria con delega, riappropriarci di quelli che erano i nostri spazi politici e culturali, dello studio e dell’analisi; per smascherare la pletora di altri impostori che si presenteranno per provare a venderci un futuro che esiste solo a parole e rischia di essere l’ennesima truffa. Se non saremo pronti permeeranno all’interno e continueranno a dividerci, ancora. Ritrovare il gusto dell’approfondimento, quello storico, culturale, economico, politico, rifuggendo dalle continue distrazioni del capitale che ci impone uno stile di vita dozzinale per indebolirci, rifuggire da chi ci invita a desistere dal riprendersi uno spazio nella vita politica, facendoci credere di non essere all’altezza. Sono menzogne. Non ce ne accorgiamo, la politica è un tabù tra noi lavoratori, sopratutto nel terziario, ma è la prima diretta conseguenza dei nostri mali rispetto come viene delineata, abbiamo la necessità di parlarne. È dei nostri diritti che si tratta, se vogliamo autodeterminarci come popolo, questo lavoro inizia da noi stessi in prima battuta. È necessario uno sforzo in più, è necessario avere una nuova visione del mondo. È sempre stato necessario, lo è di più oggi con il rischio di una guerra mondiale, una spada di Damocle su di un popolo che appare drammaticamente stordito, in attesa che gli eventi cambino. In attesa di quel lieto fine hollywoodiano che ci hanno inculcato per anni come fosse la norma, in modo silente. Abbiamo tanto da recuperare, dopo 20 anni di berlusconismo culturale, dopo 70 anni di propaganda padronale statunitense, dobbiamo farlo e farlo capire alle persone più vicine a noi. Questi spazi non sono certo quelli che si creano oggi nel nome del linguaggio becero e da stadio dei mezzi di comunicazione controllati da i nostri nemici, che per inciso concorrono alla costruzione di un “niente” che rimane conficcato nella sfera dell’intrattenimento: si può solo consumare. Inoltre, nonostante tutto, acuiscono il clima violento alla bisogna, che si sta comunque alimentando anche ora, dopo le dichiarazioni contrastanti sulla guerra, è la loro perenne strategia, in questo senso ciò fa da sponda a quella escalation che nessuno di noi vorrebbe mai. Il nostro conflitto è un altro ed è quello di classe e quello da vincere per essere parte del processo decisionale di questo paese, per farlo bisogna ricomporre l’esercito dei lavoratori.