Ora si parla di guerra valutaria mondiale, con epicentro l’euro. Una storia iniziata negli anni sessanta, quando il Generale De Gaulle volle che ritornasse indietro l’oro francese detenuto in Usa. C’era la guerra del Vietnam, burro e cannoni era il credo americano, che smentiva il detto di Bismark secondo cui tutt’e due era impossibile ottenerli. La protesta giovanile americana infiammava gli Usa, il Vietnam si rivelò una trappola. Finché nel 1971 Nixon disancorò l’oro dal dollaro, d’ora in poi il problema del dollaro, dissero, sarà un problema vostro. Nel frattempo, in ambito CEE, sin dalla metà degli anni sessanta si preparava un assetto monetario continentale, sfociato nel Piano Werner del 1972. Gli Usa lo affossarono con la guerra del Kippur e la crisi petrolifera, facendo nascere il mercato dei petrodollari. Ma in ambito europeo si continuava a discutere, c’era l’asse Francia Germania che voleva risolvere una volta per tutte il problema dell’esorbitante privilegio del dollaro. In tutto l’ambito occidentale il movimento operaio nel frattempo alzò la testa, le rivendicazioni e le lotte erano massicce, in Italia vigeva lo slogan “Vogliamo tutto!”. La dirigenza occidentale non sapeva come far fronte fino a quando con Reagan e Volcker si avviò una feroce stretta monetaria, seguita in ambito europeo, che distrusse sia il movimento operaio sia l’assetto industriale. Con il dollaro forte una parte dell’apparato industriale europeo, tramite l’export led, sopravvisse fino al 1992, quando, con il Trattato di Maastricht si posero le basi dell’euro. Guido Carli, nelle sue memorie scriveva che d’ora in poi l’euro sarebbe stata una valuta riconosciuta a livello internazionale, in un ambito più vasto dello stesso Marco. Per edificare tale assetto si avviò una feroce deflazione salariale, l’asse era centrato sulla stabilità dei prezzi e non sulla massima occupazione. La nascita coincise con lo smantellamento iniziale dello Sme ,a seguito della riunificazione tedesca e del vertiginoso aumento dei tassi di interesse della Bundesbank: come con la Fed, anche questa banca centrale prosgiugò i capitali continentali che si stabilirono in Germania, al fine di finanziare la riunificazione. L’Italia crollò, non si riprese da allora, il 25% dell’apparato industriale distrutto, privatizzazioni, smantellamento di enormi complessi industriali pubblici, fine della Prima Repubblica. Sono passati 30 anni, e 41 dalla stretta di Volcker: allora c’erano la Persia e l’Afghanistan, ora si è soffiato, tramite la Nato, il fuoco sul conflitto ad est. La storica liasion dell’asse tedesco-russo, che ha fatto la fortuna della Germania, si spezza, gas, petrolio materie prime con aumenti vertiginosi. In più la stretta di Powell copia la stretta della Bundesbank del 1992, questa volta il lido è il dollaro. Il dollaro forte provocherà la distruzione di quel che resta del capitale industriale americano, escluso il complesso militare industriale, tramite l’enorme deficit della bilancia commerciale, delle partite correnti e dell’esplosione del debito estero. Contemporaneamente, la guerra in corso, provocherà la distruzione di una parte, quel che è rimasta dopo le delocalizzazioni, dell’apparato industriale europeo. Sembra che gli Usa vogliano dire agli europei: se devo crollare io, dovete crollare anche voi, un abbraccio suicida infernale. Intanto il mondo, in altre parti, continua ad andare avanti, presto ci dimenticherà.
Autore: Pasquale Cicalese
Nuovo articolo del Global Times di stanotte, che fotografa la realtà dello scenario monetario mondiale alla luce dell’ennesimo aumento del tasso ufficiale della Federal Reserve. Oggi Il sole 24 ore parla di una guerra mondiale contro il dollaro, sembra che alcuni paesi vogliano reagire e non stiano al gioco ultradecennale del privilegio esorbitante del dollaro. Lo stesso articolo traccia un quadro fosco dell’economia americana, del resto lo stesso Powell, nella conferenza stampa di mercoledì, lo aveva accennato. Buona lettura.
GLOBAL TIMES, 22 SETTEMBRE 2022
Pubblico questo interessantissimo articolo uscito ieri dal sito cinese, autorevolissimo e voce della classe dirigente cinese, Global Times. Leggetelo, in poche righe la storia degli ultimi 70 anni di dominio americano. Articoli del genere non escono in Occidente da decenni, coperti dalla propaganda pro Washington di tutti i media. Un fumo negli occhi che acceca innanzitutto le popolazioni occidentali, ma il cui dominio è ben presente al resto del mondo. La serietà di questo articolo, in termini di storia economica, lascia intendere che l’Accademia cinese è ben fatta, a differenza di quella occidentale. Il sole sorge ad Oriente, ma ormai anche la cultura.
Martedì e mercoledì la Federal Reserve degli Stati Uniti terrà una nuova riunione politica, con la decisione sulla crescita dei tassi di interesse in primo piano. È ampiamente previsto che la Fed realizzerà almeno un altro aumento dei tassi di interesse di 75 punti base per domare l’inflazione. Ciò potrebbe aumentare ulteriormente il valore del dollaro USA rispetto ad altre valute, che è al suo massimo da 20 anni. Spinto dagli aggressivi rialzi dei tassi da parte della Fed, il dollaro USA è visto come “che sta vivendo un rally irripetibile”. Per molti paesi del mondo, questo potrebbe essere l’inizio di un altro incubo. L’incontro sarà testimone della quinta volta che la Fed alzerà i tassi di interesse. La ragione diretta è alleviare l’elevata pressione dell’inflazione negli Stati Uniti. Ma se le persone cercano la causa principale, questa è una conseguenza inevitabile della stampa di denaro cieca e illimitata degli Stati Uniti per mantenere temporaneamente la “prosperità”. In altre parole, di fronte ai problemi profondi esposti dalla crisi finanziaria del 2008, Washington è stata impotente, e anche riluttante, a risolverli. Invece, è stato estremamente miope coprire la crisi e ingraziarsi Wall Street, approfittando dell’egemonia del dollaro USA per trattare tranquillamente la crisi come se scaricasse acque reflue, prosciugandole nel mondo. Un dollaro USA super forte e la caduta di altre valute, in una certa misura, alleggeriranno l’inflazione cocente nell’economia statunitense, ma il mondo dovrà pagarla, cosa che viene spesso definita “quando gli Stati Uniti sono malati, il mondo deve prendere le pillole”. La conseguente grave inflazione, recessione economica e altri problemi sono già comparsi su larga scala in molti paesi. Trentasei valute in tutto il mondo hanno perso almeno un decimo del loro valore quest’anno, con la rupia dello Sri Lanka e il peso argentino in calo di oltre il 20 per cento, da quando il dollaro si è rafforzato. Ciò non solo ha peggiorato le già deboli economie di Europa e Giappone, ma ha anche costretto un gran numero di paesi in via di sviluppo a ingoiare le pillole amare della recessione economica causata dall’inflazione importata. Innumerevoli famiglie sono state impoverite durante la notte. Questa è una situazione molto anormale che non dovrebbe verificarsi, ma è la crudele verità dietro il “contenimento dell’inflazione” statunitense. In effetti, dalla fine della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno utilizzato più volte l’egemonia del dollaro per effettuare “saccheggi finanziari” o “crisi delle esportazioni” contro altri paesi. Come dice un’espressione molto popolare in Occidente, gli Stati Uniti godono senza lacrime dei privilegi esorbitanti creati dal dollaro e dal deficit, e hanno usato la nota cartacea senza valore per saccheggiare le risorse e le fabbriche di altre nazioni. Ogni ciclo di apprezzamento del dollaro negli ultimi decenni è stato accompagnato da ricordi estremamente brutti: la crisi del debito latinoamericano è scoppiata nel primo round, il Giappone ha sofferto dei “due decenni persi” durante il secondo round e la crisi finanziaria asiatica si è verificata durante il terzo. In particolare nella crisi asiatica, che è ancora fresca nella memoria di molte persone, più di 100 milioni di persone della classe media in Asia sono cadute in povertà, secondo le stime della Banca Mondiale. Il dollaro rafforzato, più e più volte, taglia il mondo come una lama affilata. Pertanto, mentre le élite politiche di Washington si vantano del “mito del sistema americano” e si prendono il merito di aver “alleviato la crisi”, migliaia di famiglie povere in tutto il mondo ne vengono calpestate. Non sono ignari di questo, ma scelgono comunque collettivamente di essere indifferenti e arroganti, come se questo fosse il privilegio di cui dovrebbe godere l'”egemone”. Come disse l’ex segretario al Tesoro degli Stati Uniti John Connally negli anni ’70, “Il dollaro è la nostra valuta, ma è un tuo problema”. Oggi il dollaro è ancora una volta il problema del mondo. In un certo senso, è difficile credere che la “prosperità” degli Stati Uniti sia pulita e morale. Tuttavia, la crisi non può essere coperta per sempre. Washington continua a posare mine ma non le rimuove mai, cosa che alla fine farà esplodere gli stessi Stati Uniti. L’incompetenza dei decisori finanziari statunitensi è stata messa in luce dai successivi rialzi dei tassi di interesse che hanno contribuito all’anormale apprezzamento del dollaro statunitense allo scopo di disinnescare la grave inflazione. Per gli stessi Stati Uniti, ciò che aumenterà di conseguenza sono il costo del finanziamento aziendale, la pressione sui residenti a rimborsare i loro prestiti e il prezzo della produzione da esportazione, tra gli altri. Nel frattempo, la credibilità che il dollaro USA ha come valuta globale viene continuamente esaurita dalla politica statunitense del “mendicante del vicino”. Ora l’ansia e l’insicurezza portate dal dollaro USA nel mondo ha preannunciato l’inizio del declino della sua egemonia – riguardo all’insaziabile sfruttamento di Washington, Europa, Asia, Medio Oriente e altre regioni hanno esplorato la strada della “de-dollarizzazione”, portando all’inevitabile diversificazione del sistema monetario internazionale. Il modo migliore per frenare l’egemonia furiosa è praticare il vero multilateralismo. Che si trattasse della crisi finanziaria asiatica nel 1997 o della crisi finanziaria globale del 2008, il mondo sembrava essere inciampato più di una volta nella stessa pietra, che, tuttavia, non è più quella ferma. L’instabilità e la fragilità dei mercati finanziari internazionali sono tornate ad essere importanti. È proprio in questi momenti che la comunità internazionale dovrebbe essere più determinata a cooperare e costruire un sistema finanziario internazionale multilaterale affidabile, sistemico e di lungo termine. Questo non può aspettare.
Pubblico questo editoriale apparso oggi su Global Times, quotidiano di analisi cinese. Ieri ho visto un video di una manifestazione con migliaia di cittadini tedeschi di Magdeburgo: lo slogan era “North Stream, North Stream!” . In Italia ci si lamenta ma non ci si organizza, nel Centro nord Europa invece ci sono decine e decine di manifestazioni. Questo articolo ne dà conto.
(Tempi globali) 09:24, 07 settembre 2022 Dopo che più di 70.000 manifestanti hanno riempito piazza Venceslao nella Repubblica Ceca per esprimere la loro rabbia per l’impennata dei prezzi dell’energia, sempre più persone che vivono in Europa stanno scendendo in piazza per protestare contro i loro governi per aver messo l’Ucraina davanti ai mezzi di sussistenza dei propri residenti. Alcuni residenti raggiunti dal Global Times hanno espresso le loro preoccupazioni per una crisi energetica più grave nel prossimo inverno e si sono lamentati del fatto che sono loro a pagare il prezzo delle strategie politiche dei loro governi, che sono state rapite da valori e ideologia. Alcuni hanno affermato che le proteste nella Repubblica Ceca e le proteste sparse in Germania e Francia potrebbero essere solo l’inizio. Altri hanno iniziato a uscire dalla loro istintiva simpatia per l’Ucraina e gradualmente si sono resi conto che loro stessi stavano ingoiando amare pillole per la strategia di “correttezza politica” dei loro governi per seguire gli Stati Uniti per sanzionare la Russia. “Io e i miei amici stiamo organizzando proteste… Siamo stufi del fatto che il governo dia i nostri soldi ai capitalisti… che gestiscono il settore energetico… siamo anche stufi che il nostro paese darà 100 miliardi di euro e il 2 per cento del PIL alle forze armate per future guerre contro la Russia o la Cina”, ha detto al Global Times Tim P., uno studente tedesco del Nord Reno-Westfalia. Da domenica, molte persone in diverse città, tra cui Dusseldorf, Berlino e Colonia in Germania, sono scese in piazza per protestare contro i prezzi dell’energia e il rifiuto di Berlino di lanciare il gasdotto Nord Stream, chiedendo il divieto delle esportazioni di armi in Ucraina. Tim ha affermato che l’aumento delle bollette del gas è stato davvero grave in Germania mentre il governo non ha presentato un piano utile. Il piano di “sgravio” del governo tedesco dà un pagamento una tantum – 200 euro (198 dollari) per gli studenti e 300 euro per i lavoratori in Germania – ma la sua bolletta energetica supera i 200 euro, il che significa che i soldi offerti dal governo non aiuteranno affatto. “Aumentando i prezzi dell’energia, i soldi tornano finalmente alle tasche dei capitalisti nel settore energetico”, ha detto Tim P.. A luglio 2022, il prezzo medio dell’elettricità all’ingrosso in Germania ha superato i 315 euro per megawattora, quasi quattro volte il prezzo registrato un anno prima, secondo il sito web statista.com, un database statistico leader a livello mondiale. Non solo la Germania, ma anche le persone che vivono in molte altre città europee raggiunte dal Global Times si sono lamentate anche dell’aumento dei prezzi dell’energia e dei problemi di inflazione. Ad esempio, nel Regno Unito, i prezzi del gas naturale sono aumentati di quasi il 96% nell’anno fino a luglio, mentre i prezzi dell’elettricità sono aumentati del 54%. Jimmy Zhao di Parigi ha dichiarato al Global Times che l’aumento del prezzo del gas ha gravemente colpito la vita di molte persone. “Chi ha fatto affidamento sul salario minimo di 1.600 euro per un mese non può permettersi di crescere i propri figli, anche con i sussidi del governo… le bollette del gas alle stelle, i prezzi per le necessità quotidiane… tutti hanno reso la loro vita più difficile”. Liu Man, uno studente cinese che studia a Parigi, ha fornito i dettagli degli aumenti di prezzo. “La bolletta della luce è aumentata di oltre il 40 per cento e l’olio da cucina, che era stato venduto a tre euro, ora costa più di quattro euro… anche se il governo locale ha offerto sussidi alle famiglie a basso reddito, è tutt’altro che sufficiente”. L’attuale crisi energetica e l’aumento delle bollette del gas potrebbero essere solo l’inizio poiché è difficile per molti paesi europei rimediare alla carenza di gas, date le continue sanzioni alla Russia per il conflitto con l’Ucraina, e molti politici e analisti europei hanno avvertito di un cattivo inverno non solo per i residenti in Europa, ma anche per le economie. Fu Jialiang, uno studente cinese che ora studia ad Aquisgrana in Germania, ha affermato che l’università ha inviato e-mail agli studenti sul risparmio energetico, inclusa la sospensione dei sistemi di riscaldamento negli edifici o nelle stanze che hanno meno persone e la sospensione dei sistemi di riscaldamento per l’acqua corrente per lavarsi le mani. Fu ha anche osservato che molti residenti tedeschi si erano lamentati del fatto che il governo stava “mettendo l’Ucraina al primo posto, invece di prendersi cura dei propri residenti”, e alcuni hanno affermato che il governo tedesco si preoccupa solo di come aiutare l’Ucraina e non ha mai pensato che i tedeschi potrebbe congelare a morte questo inverno. Tim, dalla Germania, ha affermato di aver organizzato la protesta per chiedere alla Germania di lasciare la NATO e di smettere di prendere parte a “guerre imperialistiche contro altri paesi” perché “un esercito non costruito per proteggere le persone ma per lo sfruttamento delle risorse in Africa e in Medio Oriente è un spreco di denaro” e questo denaro avrebbe potuto essere utilizzato per “cose più importanti come la scuola, l’istruzione, l’assistenza sanitaria e l’alimentazione di coloro che non possono nemmeno permettersi un pasto decente”.All’inizio del conflitto Russia-Ucraina, molti europei e statunitensi hanno appena dato un’istintiva risposta emotiva per sostenere l’Ucraina, che nelle narrazioni dei loro governi è quella vulnerabile e la vittima, ha affermato Cui Hongjian, direttore del Dipartimento di studi europei presso il China Institute of International Studies. Ma mentre il conflitto continua, le persone diventano più razionali e pratiche sulla questione mentre si impegnano sempre più profondamente nel conflitto e hanno iniziato a sentire le effettive conseguenze delle sanzioni europee e statunitensi contro la Russia, ha detto Cui al Global Times . Vzglyad, un quotidiano russo, ha sottolineato in un articolo pubblicato lunedì che si può trarre una conclusione dalle recenti proteste in Europa che le persone qui stanno iniziando a riprendersi dalla russofobia, poiché molti chiedono ai loro governi di abbassare i prezzi e di smettere di sostenere l’Ucraina. I governi europeo e statunitense intraprendono azioni basate sui loro interessi politici piuttosto che sugli interessi delle persone. L’UE sta commettendo diversi errori perché sta imponendo sanzioni senza prima fare le analisi adeguate. L’UE e gli Stati Uniti hanno semplicemente “chiesto” che quei paesi si unissero nel sanzionare la Russia, senza essere chiaro su quali basi, e ora il loro popolo ne sta pagando il prezzo, hanno affermato gli osservatori.
APPUNTI SULLA STAGIONE TURISTICA 2022
E’ domenica, vedo un po’ di notizie. Mi arriva un messaggio, E’ Stefano di San Nicola Arcella, provincia di Cosenza. Lo chiamo e incominciamo a parlare. Lui ha due locali, un ristorante rinomato e una paninoteca (con altri soci). Gli chiedo come è andata la stagione. Questo il suo racconto: “ottima, è stata una bellissima stagione, spesso siamo stati costretti a mandare via centinaia di clienti, si è lavorato benissimo a giugno con gli stranieri che sono venuti dopo due anni in massa, poi fino a metà luglio. Una pausa di 10 giorni e poi un boom che non si era mai visto ad agosto. La paninoteca invece ha fatto una media di 500 persone a sera, una roba incredibile. Abbiamo incassato, ciò non significa guadagnato. Ho parlato con i miei colleghi, il cuneo fiscale è troppo alto, siamo stati costretti ad assumere part time i ragazzi, fosse per noi li avremmo assunti full time così si pagano gli studi o vanno avanti per l’inverno con la disoccupazione. Ma i costi sono troppo alti. Non è solo il cuneo fiscale, quanto i tributi locali (Imu, Tari, Tarsu ecc.) con le aliquote ai massimi. I comuni sono senza soldi e dunque si rivalgono su di noi. C’è troppa pressione fiscale, il settore turismo è massacrato, quasi che lo si voglia, visto che è il vero tesoro italiano, venderlo alle multinazionali estere (vedi concessioni balneari). C’è stata la pandemia, il nostro settore è stato oggetto di normative assurde, greenpass, distanziamento, ecc. così ho deciso, in questi due anni, di tenere i locali chiusi nell’autunno inverno. Il mio ristorante ha un ampio giardino, così sono riuscito a lavorare. Dentro ci sono 65 posti ma se le regole rimarranno queste chiudo, vado in perdita, non conviene”. Mi chiede come è andata dalle mie parti, sono in Campania. Gli dico che l’altro giorno un artigiano che ha una lavanderia e che serve la costiera amalfitana ha dichiarato che essa sarà piena fino a fine ottobre. Quanto a Napoli, la settimana scorsa ho letto Il Mattino, si prevede un flusso continuo fino a fine dicembre. Lui mi dice che ha visto tanti americani ” certo, con il dollaro a sto livello”, fa lui. Mi sovviene la sua riflessione sui tributi locali. Nel mio libro Piano contro mercato è pubblicato un saggio sulla sanità. Parlo del federalismo fiscale deciso dal centrosinistra, in risposta alla Lega, a metà anni novanta, e rafforzato dal centrodestra ad inizi duemila. L’austerità degli ultimi 30 anni ha portato a tagli agli enti locali e alla sanità. Le regioni, per riparare, e gli stessi comuni, hanno portato al massimo le aliquote, specie al sud, dove le aziende non sono così diffuse e forti come al nord. Dunque il sud ha pagato due volte, uccidendo la microimprenditoria e quel che rimane non garantendo contratti full time ai lavoratori, o rifugiandosi in nero. Un massacro perpetrato negli ultimi 30 anni che grida vendetta. Ecco, Stefano mi ha fatto venire in mente il mio scritto del 2002. L’augurio è che gli italiani prendano coscienza dei meccanismi di prelievo fiscale, e che ci sia un’alleanza tattica tra lavoratori e piccole imprese. Mesi fa ho dato conto su questo blog che la Cina ha stanziato decine di miliardi di euro a favore della microimprenditoria, imitando il modello italiano di tanti anni fa. Stefano dice che il turismo è un tesoro da tutelare, per farlo occorre tutelare la piccola impresa del settore, che offre cordialità, buon cibo, affabilità e cortesia.
Fabio Riganello, autore del pezzo, è un caro amico da 36 anni. Quando ero al liceo sua madre aveva un negozio di dischi. Venerdì, sabato e domenica lavoravo in un pub di Crotone, lunedì, con i soldi guadagnati, compravo dischi e testi di musica tradotti. La madre e lui mi consigliavano molta musica, dal blues al jazz, dal rock al soul. Ci siamo persi di vista quando andai all’Università. Lo ritrovai nel 1998 e mi diede una grossa mano, chiamandomi presso la cooperativa sociale Agorà Kroton dove lavorava. Così nel 1999. I nostri percorsi politici si sono differenziati, ma la stima e l’affetto rimangono uguali. Lui cercava dialogo con l’ambito politico locale, per risolvere problemi sociali, io mi indirizzavo, tramite la mia attività di pubblicista, verso l’ambito nazionale. Fabio si occupa di migranti, tossicodipendenti, senza fissa dimora e lavora con giovani disagiati. Chi meglio di lui può raccontarci la deriva comunicativa, che porta violenza, degli ultimi 30 anni? Buona lettura.
Le parole perdute
Sono ormai passati più di venti anni dalla prima edizione del Grande Fratello, trasmissione che veniva spacciata per una specie di esperimento sociale ma che in realtà può rappresentare la chiave di volta di un modello comunicativo televisivo che sarebbe ricaduto su quello quotidiano.
In realtà già con la “discesa in campo” di Berlusconi, era il 1994, si stava sempre di più caratterizzando un modello comunicativo che sempre di più tendeva a semplificare la discussione, semplificandola, evitando qualsiasi approccio complesso.
Questi momenti risultano fondamentali per cercare di capire come, oggi, la dimensione del dialogo e la capacità comunicativa si sia modificata ed abbia fortemente influenzato il comportamento.
Da una parte la tv generalista promuoveva un intrattenimento che sempre di più si sarebbe basato sull’istigazione al litigio e sull’esposizione voyeuristica della vita delle persone. Dall’altra si promuoveva una modello di discussione, riflessione, sempre meno approfondito, con l’uso di un vocabolario sempre più limitato che ti costringe a stare da una parte anziché dall’altra evitando di cogliere le sfumature di mezzo.
Programmi come X-Factor, Got Talent, The Apprentice, Hell’s Kitchen Masterchef e i tanti altri presenti all’interno dei circuiti televisivi, ci hanno abituato alla figura del giudice come persona autoritaria che insulta, umilia e mette alla gogna i concorrenti ma, contemporaneamente, abbiamo visto come quest’ultimi si prestino a tutto ciò per avere una visibilità, amplificata dal web, e una notorietà (?) che in qualche maniera possa rappresentare un riscatto sociale legato alla notorietà. Essere umiliati e umiliare questo era il modello che si apprestava a consolidarsi, nella televisione generalista, grazie alle dinamiche, create in maniera scientifica dagli autori televisivi, che mettono a disposizione, dei propri spettatori, uno spettacolo che rappresenta un gioco al massacro dove le persone vengono da una parte sottomesse e dall’altra aizzate l’una contro l’altra in dinamiche dove la sopraffazione, l’umiliazione e lo scherno sono il tema portante.
Impoverimento del linguaggio, semplificazione del ragionamento, sdoganamento di un linguaggio volgare e violento, promozione (e non se ne sentiva il bisogno) della figura autoritaria.
Tutto questo sta fortemente influenzando la nostra capacità comunicativa, rendendoci sempre più irascibili e conflittuali.
C’è una assoluta mancanza di predisposizione a voler accettare la diversità, la complessità che ci accompagna a una risoluzione violenta dei conflitti.
Non facciamo l’errore di pensare che siano i giovani i più colpiti da questo modello, in realtà è proprio sono gli adulti ad essere vittime di questo modello e, avendolo completamente subito, non sono capaci né di riconoscerlo e, di conseguenza, nemmeno di elaborare strategie che possano aiutare a superare questa incapacità comunicativa.
Per la mia esperienza i c.d. “giovani” sono capaci di promuovere, quando gliene si dà la possibilità, un modello comunicativo socio-affettivo, che permetta di conoscere l’altro nella sua interezza, e complessità, e senza l’ansia di dover apparire secondo i canoni imposti dalla società. La differenza tra noi e loro sta proprio nel fatto che noi, questo modello, lo abbiamo subito non conoscendolo e, in linea di massima, ne siamo rimasti vittime mentre loro lo hanno decodificato elaborandone nuovi e diversi modelli.
La domanda rimane sempre la stessa però: “Che fare”?
Il percorso, qualora lo si volesse fare, è lungo e faticoso. C’è la necessità di promuovere un linguaggio, una comunicazione, che non sia violenta, offensiva, volgare a tutti i livelli da quello istituzionale a quella familiare e amicale. Promuovere un pensiero che possa stimolare una logica multifattoriale e complessa che possa stimolare il dialogo, l’approfondimento ed il superamento del conflitto in maniera non violenta e la Scuola, come sempre, deve rappresentare la base di tutto questo.
La vera ri-evoluzione consisterà nel riappropriarci delle parole perdute.
Potete anche non essere d’accordo con quello che dicono gli analisti, ma vi invito a leggere, in fondo all’articolo di China Daily di oggi, i numeri spaventosi del surplus commerciale cinese, cresciuto nei primi 7 mesi addirittura del 61%. Buona lettura. E dunque l’attacco monetario americano nei confronti almeno dei cinesi sarebbe vano.
Stimolo, surplus commerciale visto come chiave per un RMB stabile Di SHI JING a Shanghai | Quotidiano cinese | Aggiornato: 31-08-2022 08:57 La valuta cinese può essere stabilizzata sfruttando il significativo surplus commerciale della Cina e le politiche economiche stimolanti, hanno affermato gli esperti. Mentre il tasso di cambio del renminbi rispetto al dollaro USA ha continuato a dirigersi verso sud tra le aspettative di ulteriori aumenti dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve, la valuta cinese può essere stabilizzata sfruttando il significativo surplus commerciale della Cina e le politiche economiche stimolanti, hanno affermato gli esperti. Il tasso di cambio spot RMB onshore rispetto al biglietto verde è sceso di 500 punti base per chiudere a 6,92 lunedì, mentre il tasso offshore ha riportato un calo giornaliero di 300 punti base superando 6,93. Anche il prezzo mediano quotato lunedì dal China Foreign Exchange Trade System è stato abbassato di 212 punti base a 6,8698, il più basso degli ultimi due anni. Questo è stato solo circa una settimana dopo che USD/CNY ha toccato il minimo di 23 mesi scendendo sotto 6,8 il 22 agosto. Con il calo di lunedì, quest’anno il renminbi è sceso del 7,75% rispetto al biglietto verde. Ciò è dovuto principalmente a un dollaro USA più forte, hanno affermato gli esperti. L’indice del dollaro USA ha toccato 109,4 intraday lunedì, stabilendo un record di due decenni. Il dollaro USA ha guadagnato più del 13,8 per cento finora quest’anno. Il messaggio da falco che Jerome Powell, presidente della Fed, ha consegnato alla riunione di Jackson Hole venerdì ha fatto aumentare il dollaro, ha affermato Ipek Ozkardeskaya, analista senior di Swissquote Bank. Pur affermando che la Fed utilizzerà gli strumenti “con forza” per domare l’inflazione, Powell ha anche indicato che dovrebbero essere previsti ulteriori aumenti dei tassi di interesse anche se potrebbero causare un po’ di “dolore” all’economia statunitense. I rialzisti del dollaro ora osservano il livello di 110 sulla scia di una solida divergenza tra la Fed decisamente aggressiva ma sempre più preoccupata per le altre banche centrali, ha affermato Ozkardeskaya. Lunedì le principali valute sono andate debolmente rispetto al dollaro USA. Lo yen giapponese è scivolato a 138 lunedì, avvicinandosi al minimo dal 15 luglio. L’euro è rimasto al di sotto della parità rispetto al dollaro USA per chiudere a 0,9995 lunedì. Cheng Qiang, capo analista macroeconomico di CITIC Securities, ha affermato che le pressioni esterne guidate dall’aumento del dollaro USA eserciteranno la più forte pressione al deprezzamento del renminbi nel breve periodo. Ma l’USD/CNY probabilmente rimarrà intorno a 6,7-6,9 entro la fine di quest’anno. Wang Youxin, analista senior della Bank of China, ha affermato che l’inflazione dovrebbe contrarsi negli Stati Uniti nel quarto trimestre e qualsiasi nuovo aumento dei tassi di interesse da parte della Fed sarebbe moderato, non ripido. Lo stress sulle valute non in dollari USA sarà quindi alleviato per allora. Le politiche fiscali e monetarie favorevoli che la Cina ha introdotto all’inizio di quest’anno faranno una differenza maggiore nei prossimi mesi, il che aiuterà a stabilizzare il tasso di cambio del RMB, ha affermato. Pur ammettendo che un differenziale di tasso di interesse Cina-USA invertito possa esercitare una certa pressione al ribasso sulla valuta cinese, Guan Tao, capo economista di BOC International, ha affermato che il tasso di cambio RMB rimarrà stabile dato il significativo surplus commerciale della Cina, le abbondanti riserve valutarie e la prudenza politiche macroeconomiche. I dati pubblicati dall’Amministrazione generale delle dogane il 7 agosto hanno mostrato che l’avanzo commerciale della Cina ha raggiunto il record di 101,3 miliardi di dollari a luglio, con la cifra dei primi sette mesi dell’anno in aumento del 61,6% su base annua per raggiungere i 482,3 miliardi di dollari. Data la grande quantità di fondi in valuta estera accumulati dalle imprese e dai conti delle famiglie, nonché l’eccedenza commerciale stratosferica, il tasso di cambio RMB subirà solo un moderato aggiustamento a breve termine, ha affermato Zhao Wei, capo economista di Sinolink Securities. La pressione complessiva al deprezzamento dell’RMB è controllabile, ha affermato.
I problemi economici dell’Europa porteranno grandi cambiamenti di Tian Dewen | China Daily Global | Aggiornato: 30-08-2022 09:09
Secondo il rapporto mensile pubblicato dalla Deutsche Bundesbank, la banca centrale tedesca, il 22 agosto, l’economia tedesca potrebbe scivolare in recessione questo inverno, poiché il suo tasso di inflazione dovrebbe superare il 10% in autunno. Ciò avviene dopo che la Germania a maggio ha registrato il suo primo deficit del commercio estero in più di tre decenni, indicando sfide strutturali e prospettive cupe per la sua economia. La Germania è il motore dello sviluppo economico europeo e il suo indebolimento della crescita è destinato a trascinare al ribasso l’intera economia europea. Dopo aver vissuto l’estate più calda e secca degli ultimi decenni, l’Europa sta ora passando all’autunno e poi all’inverno. I forti aumenti dei prezzi dell’energia dovuti all’influenza del conflitto Russia-Ucraina potrebbero rendere questo inverno particolarmente difficile per l’Europa, ma i problemi economici potrebbero essere più difficili e durare più a lungo. La causa prossima dei problemi economici dell’Europa è la “trasformazione energetica”. Poiché i paesi europei stanno tagliando i loro sistemi di approvvigionamento energetico dalla Russia e si stanno rivolgendo agli Stati Uniti e al Medio Oriente per petrolio e gas a prezzi più elevati, lo sviluppo delle industrie europee sarà limitato per molto tempo da scarse forniture di energia e costi elevati. La Germania è il centro dell’industria europea e il suo deficit nel commercio estero mostra che la competitività internazionale dell’industria europea è in forte calo. La prospettiva della recessione economica europea porterà grandi cambiamenti nel continente. In primo luogo, per gli europei che sono stati abituati a mantenere la temperatura interna sopra i 25°C in inverno, è già una sfida mantenere la temperatura al di sotto dei 17°C raccomandati dal governo, e questo è particolarmente vero per le famiglie a basso reddito, che devono affrontare l’aumento i prezzi dell’elettricità e la pressione dell’inflazione. In secondo luogo, è probabile che un numero crescente di paesi in Europa sperimenterà disordini politici a causa dei cambiamenti psicosociali della popolazione. Il primo ministro britannico Johnson Boris si è dimesso, il primo ministro italiano Mario Draghi si è dimesso, il punteggio di supporto del cancelliere tedesco Olaf Scholz è sceso solo al 25% di recente e anche il punteggio di supporto del presidente francese Macron non è ottimista al momento. In Europa, il cambio dei leader di governo potrebbe non essere un grosso problema. Il problema è che coloro che subentrano potrebbero non essere in grado di invertire la tendenza della crescita economica fiacca e dell’aggravarsi delle tensioni sociali. Terzo, sotto le pressioni economiche e sociali, i paesi europei saranno inevitabilmente più deboli nella loro volontà di perseguire obiettivi ambiziosi come promuovere l’integrazione europea, affrontare il cambiamento climatico e guidare la governance globale. Il motivo fondamentale per cui l’Europa è oggi in declino è che non ha costruito un sistema di difesa europeo indipendente dopo la seconda guerra mondiale e la sua libertà di scelta politica è fortemente limitata. Nel 2002, il dialogo energetico tra Unione europea e Russia è stato istituito nella dichiarazione congiunta del vertice UE-Russia, stabilendo un quadro globale di cooperazione economica basato sulla cooperazione energetica. Nel 2013 l’UE e la Russia hanno raggiunto un consenso di principio sulla creazione di un “mercato integrato”. Tuttavia, questa forma di convivenza pacifica e di sviluppo comune delle relazioni UE-Russia Crimea è stata interrotta dai leader di Germania e Francia in quel momento ha attivamente facilitato la firma dell’accordo di pace di Minsk del 2015 tra Ucraina e Russia, che ha continuato la stabilità generale del regione europea per altri otto anni, fino allo scoppio di quest’anno del conflitto Russia-Ucraina. Guardando indietro a questo processo, potrebbe non essere difficile giudicare se gli Stati Uniti abbiano svolto un ruolo distruttivo o costruttivo in Europa. L’Europa, per uscire da questo declino, deve rafforzare la sua reale autonomia strategica e abbandonare la “mentalità da guerra fredda” caratterizzata dall’esclusività e dal confronto. Sarà difficile uscire dalla situazione senza cambiare idea.
L’autore è vicedirettore dell’Istituto di studi russi, dell’Europa orientale e dell’Asia centrale presso l’Accademia cinese delle scienze sociali.
DA CHINA DAILY DI OGGI. COMMENTO.
Siamo figli della generazione della deflazione salariale, delle privatizzazioni, dei tagli alla spesa pubblica, dello smantellamento del salario sociale globale di classe. Una storia iniziata negli Usa nel 1976, in risposta alla lotta di classe del movimento operaio statunitense, e in Italia con l’austerity fine anni settanta, ma che si esplicitava a partire dalla separazione Tesoro Banca d’Italia del 1981 e, soprattutto, dopo il Britannia di Draghi, dal 1992. Contemporaneamente, si avviava la politica delle banche centrali occidentali dell’asset inflation, il gonfiamento dei valori di bond e azioni buoni per la rendita finanziaria. Rendita finanziaria che prendeva il sopravvento sul capitale industriale, in crisi di valorizzazione del capitale a partire dalla fine degli anni sessanta. La risposta al movimento operaio statunitense provocava la delocalizzazione di enormi impianti industriali prima in Messico e poi in Cina e Asia. Ma la Cina, forte dell’alfabetizzazione di massa voluta da Mao a partire dal 1948, si avviava ad industrializzarsi per conto suo, sfruttando il trasferimento di tecnologia occidentale e, poi, con il salto tecnologico, creando colossi pubblici con respiro mondiale. La dipendenza dal commercio estero negli ultimi 14 anni, dopo la Legge sul Lavoro del 2008 e l’adesione al marxiano plusvalore relativo, organizzazione tecnologia e manageriale, salto tecnologico, alta qualificazione lavoratori, aumento del valore dei beni industriali, apporto di istruzione e scienza, spostava lo sbocco mercantile verso il mercato interno, reflazionato in termini salariale e di salario sociale di classe. Ora siamo al post pandemia e alle tensione mondiali (Ucraina e Taiwan). Con il zero covid, la Cina si chiude, provocando anche un aumento del tasso di disoccupazione, voluto dal governo in risposta all’arroganza occidentale (prezzo da pagare, evidentemente). I tassi sono stati abbassati, il differenziale inflazionistico, enorme, a favore della Cina, provoca da mesi il record del surplus commerciale, il ritiro dei capitali dall’Occidentale, unito ad un aumento del flusso in entrata di capitali, gonfia di liquidità la Cina, che, diversamente dal passato, non la riverserà sull’asset inflation occidentale, ma su Brics, Africa, Asia, e America Latina, costruendo connessioni infrastrutturali e reti commerciali che provocheranno, in diverse zone, il salto tecnologico, l’aumento della produttività dei fattori produttivi, il plusvalore relativo e spese sociali, sul modello cinese degli ultimi 15 anni. In Occidente l’asset inflation ora si rivolge verso le materie prime, impoverendo, per il tramite dell’inflazione, ceti medi e popolari e piccole imprese. La distruzione di mercato iniziata negli Usa nel 1976 sembra non avere fine. Un ultimo appunto: i cinesi assaporano il benessere, vogliono godersi la vita, la politica dello zero covid gliela sta impedendo, vogliono conoscere il mondo, viaggiare, istruirsi su altri paesi. Prima o poi questa contraddizione, se il governo non molla la presa, esploderà.