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GREENPASS, LE NAZIONI CONTRO LA POSTMODERNITA’

Si stanno svolgendo da settimane in varie parti del mondo manifestazioni oceaniche, specie dei camionisti, ma appoggiati dalla popolazione intera, contro il pass sanitario e le restrizioni, in particolare Canada e Nuova Zelanda. I giornali progressisti accusano i manifestanti di essere di estrema destra. Un amico, Spatto, mi ha mandato queste riflessioni che voglio condividere con voi. Buona lettura.

“In TUTTO il mondo si manifesta con bandiere nazionali e canti nazionali.  Dobbiamo essere marxisti e chiederci il perché di tutto questo prima di accusare un movimento mondiale di essere cosa. Nazista?
Fascista? Credo si tratti semplicemente di populismo nazionale. Nazionale perché di fronte al globalismo apolide della merce l’unica possibile resistenza al mondo postmderno e post religioso / ideologico sono le comunità nazionali e territoriali rimaste.
Residui di un passato ma fonte della costruzione di senso in un mondo in vorticoso cambiamento. Il grande reset del capitale appunto. Non significa nazionalismo. Anche. Ma non sempre. Come il no tav non significa primitivismo economico. Indica soltanto la rivolta popolare contro i dominanti.
La difesa del perimetro dell’essere contro la tecnica e la moneta.
La ricerca di un senso nella semplice appartenenza a qualcosa in opposizione alla finanziarizzazione e spersonalizzione del mondo. La rivoluzione procede per vie carsiche e mai uguali. Prima lo capiamo e prima possiamo lottare per l’egemonia di tale movimento di massa mondiale.

Al diavolo tutti i progressisti.
Stiamo con i barbari sporchi e cattivi e magari anche ubriachi di birra nell’assalto ai bei centri urbani luoghi anche metaforici della ztl del pensiero liberals. Alla forza centrifuga della merce nell’unificazione del Mercato Mondiale e nell’epoca della sottomissione reale del lavoro al capitale si oppone SEMPRE un movimento centripeto di riconoscimento sociale basilare.
La dialettica va sempre applicata ai fenomeni storici.
Concreto e astratto.
Mai perdere di vista il movimento della conoscenza pena il rimanere ai margini delle contraddizioni reali.
Alla realtà caleidoscopica si oppone un senso primitivo fatto di valori parziali e ipersemplificati. Arcaici. Pasoliniani potemmo dire.
Dobbiamo capire il senso di una rivolta per poterla poi indirizzare meglio.
Ma al di fuori di essa esiste soltanto la presunzione libresca di un’ epoca finita sotto le macerie. Corpi e sogni quando rinascono ( in qualche modo ed in qualsiasi forma storicamente determinata) nell’atto della rivolta vanno capiti. E poi agiti.
Ma mai condannati apriori”.

E’ la rivolta del capitale commerciale, della piccola impresa, delle attività semi legali di sussistenza contro l’unificazione del mercato mondiale che li schiaccia, anche alla luce del Great Reset. E’ un mondo antico che rivendica un suo ruolo storico e che può raggiungere lo scopo solo con l’alleanza con il proletariato, che sta zitto, si mischia alla massa informe delle nazioni e non prende il sopravvento. Ciò non significa che i piccoli operatori non abbiano ragione, il capitale finanziario li schiaccia e per i comunisti i primi nemici sono le èlite del capitale finanziario.

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UNA RICHIESTA A VOI LETTORI

Stamane presto ho visto i dati visita della giornata di domenica, ieri. Siete stati molto più del solito. Avevo messo due pezzi, uno di economia italiana e un altro, Una domenica triste, che parlava della storia del nostro Paese da un punto di vista intimistico. Mi era già capitato la stessa cosa ai primi di gennaio. Noto che i racconti di vita, associati a notizie economiche, hanno un gran riscontro presso di voi. A questo punto mi sorge il dubbio che debba cambiare tono e prospettiva, mettere più letteratura nei racconti economici. Si sa, l’economia è una scienza triste, abbellirla con racconti forse non sarebbe male. Ho chiesto consigli, tra cui ad un mio amico, Nicola. Lui sostiene da un anno che, dopo il libro Piano contro mercato, mi debba dedicare alla letteratura, parlando del Paese secondo i miei vissuti. Per il momento non lo faccio, forse più in là, ma ci ha azzeccato perché vedo che sprazzi di biografia, uniti alla scienza economica, riscontrano favori presso di voi. Nel mio libro il pezzo più apprezzato fu In memoria di Sbancor, racconto economico del Paese con tocco autobiografico. Alcuni lo ritennero magistrale. Perché non riprovarci? Il modello è Storia di un impiegato di Fabrizio de Andre’, spaccato del Paese di allora visto da un rivoluzionario. In questi anni, visto che scrivo da molto, ho avuto modo di incontrare, di persona, con messaggi, e via telefono, tante persone che mi hanno raccontato le loro vite, la loro giovinezza, l’assalto al  cielo che si sforzarono di fare. Forse un tono del genere inviterebbe i lettori a scappare dal buio presente e prepararsi al prossimo, futuro, assalto al cielo. La letteratura permette tutto ciò, per cui ci riproverò, se voi volete, altre volte. Grazie dell’attenzione.